XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 27 settembre

a cura di don Giuseppe

SECONDA LETTURA. Filippesi 2, 1-11

Fratelli, se c'è qualche consolazione in Cristo, se c'è qualche conforto, frutto della carità, se c'è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso. Ciascuno non cerchi l'interesse proprio, ma anche quello degli altri.

Abbiate voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sottoterra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

 

L’esortazione di Paolo si concentra in questa frase: “Abbiate voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (v. 5).

Gesù ha ripreso il tema della responsabilità personale di ciascuno di noi. Si pensi alla parabola dei talenti: ognuno renderà conto di quanti ne avrà ricevuti. Ma ha anche rivelato la responsabilità collettiva – o meglio: comunitaria – relativa al bene e al male, in modo particolare per riflessi e nei confronti dei più deboli, dei più piccoli. Non solo, in polemica con i giudei, li ha sfidati a convincerlo di peccato. Egli stesso, che non ha commesso peccati personali, ha preso su di sé tutti i nostri. È diventato peccato per la nostra salvezza.

Ognuno di noi, in qualche modo, deve rendere conto di tuti e tutti di ciascuno. Egli, per noi, si è fatto obbediente finno alla morte e alla morte di croce. Ha vissuto la giustizia e la rettitudine in modo da fare della volontà del Padre il suo cibo. Si è fatto giustificazione per ciascuno e pet tutti noi. Seguendo lui possiamo essere certi, noi peccatori, di passare dalla morte alla vita. Possiamo sperimentare questo passaggio sin dalla vita terrena e farne speranza certa per l’eternità.

Torna indietro