XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 18 ottobre

a cura di don Giuseppe

Prima lettura. Isaia 53,10-11

Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità.

 

Questa pericope riporta in sintesi il messaggio teologico e spirituale del “quarto carme del Servo sofferente”. L’appellativo di ‘Servo di YHWH’ ha nella Bibbia un senso onorifico: indica un uomo prescelto dal Signore per essere strumento della sua opera di salvezza. Tuttavia l’azione del misterioso personaggio che dà nome a quattro carmi del Secondo Isaia sembra votata fin dall’inizio non solo all’insuccesso, ma anche all’incomprensione e all’ignominia. Lo si ritiene castigato da Dio proprio mentre egli compie la missione affidatagli (v. 1), che consiste nel pretendere «su di sè» le conseguenze del peccato di tutti (v. 11b), cioè «il castigo che ci dà salvezza» (v. 5).

I vv. 10s., in particolare, rivelano che quanto si attua mediante la sofferenza accettata con mitezza dal Servo innocente (vv. 8a.9a) è la volontà di Dio, il suo progetto d’amore: in questo modo il Signore può operare la salvezza. Non si tratta tanto della liberazione dai nemici o da altre difficoltà, quanto della ‘espiazione dei peccati’. Il Signore, infatti, sottrae l’uomo alla condizione di morte causata dal peccato e lo introduce nuovamente nella comunione con sé. L’offerta della vita del servo di YHWH diventa espiazione; e tuttavia Colui che è Amore non lascerà senza ricompensa il sacrificio di chi ha amato fino ad assumersi «il peccato di molti» (semitismo per indicare ‘tutti’): alla sua sofferenza è promessa una grande fecondità (vedrà una discendenza) e – in un modo che il profeta ancora non sa precisare – la sua morte si trasformerà in vita, la sua ‘notte’ in luce, la sua estrema solitudine in conoscenza d’amore, ossia comunione beatificante con Dio (vv. 10b.11b).

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