XXIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 13 settembre

a cura di don Giuseppe

Prima lettura. Isaia 50,5-9a

Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?

Questo brano è parte del cosidetto “Terzo carme del Servo di YHWH” (Is 50,4-11). La misteriosa figura del ‘servo’ (un profeta?, il popolo di Israele?) è presentata come quella di un discepolo fedele. Il Signore l’ha reso capace di ascoltare la parola (v. 5), che quotidianamente gli rivolge affinchè la trasmetta ai contemporanei, nei quali è venuta meno la forza e la fiducia (v. 4). La fedeltà del discepolo alla missione ricevuta incontra l’opposizione di coloro ai quali egli è inviato. Colpi di flagello, oltraggi (strappo della barba), insulti e sputi: la persecuzione infierisce sulla persona dell’anonimo servo, ma egli non se ne sottrae (v. 6), forte della certezza che YHWH gli è vicino.

Non sarà deluso nella sua fiducia: perciò può affrontare i nemici con risolutezza (v. 7) e addirittura sfidarli chiamandoli in giudizio (v. 8). Il Signore lo assiste (v.9a) e gli rende giustizia (v. 8a) sarà vano ogni tentativo perverso di accusare e condannare il servo (vv. 8b.9a), della cui giustizia e innocenza Dio è testimone e garante.

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