XVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 2 agosto

a cura di don Giuseppe

Prima lettura. Esodo 16,2-4.12-15

In quei giorni, nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: “Fossimo morti per mano del Signore nel paese d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatti uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine”. Allora il Signore disse a Mosè: “Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina secondo la mia legge o no. “Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore vostro Dio”. Ora alla sera le quaglie salirono e coprirono l'accampamento; al mattino vi era uno strato di rugiada intorno all'accampamento. Poi lo strato di rugiada svanì ed ecco sulla superficie del deserto vi era una cosa minuta e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l'un l'altro: “Che cos'è?”, perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: “E' il pane che il Signore vi ha dato in cibo”.

 

Il popolo ebreo è stato liberato dalla schiavitù egiziana grazie all’intervento di Dio per mezzo di Mosè (Es 13,17-15,21). Dopo il passaggio del Mar Rosso, incomincia il cammino nel deserto, che inizialmente viene rwso difficile a causa di tre problemi: la mancanza di acqua potabile, l’asenza di cibo e la presenza di popoli avversari, che vengono a combattere contro Israele. Nel momento della difficoltà, il popolo sembra dare la colpa a Mosè e ad Aronne: solo a causa dei fragili sogni di libertà di queste due persone è stata abbandonata la sicurezza della schiavitù egiziana e si è intrapreso il pericoloso cammino di liberazione: “Fossimo morti per mano del Signore nella tera d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà!” (v. 3). Sembra una ribellione contro i capi. In realtà Mosè capisce che “non contro di noi vanno le vostre mormorazioni, ma contro il Signore” (v. 8). In fondo il vero problema non è la mancanza di cibo o di acqua…ma il dubbio: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (Es 17,7). Nonostante tutto, Dio provvede: con le sorgenti di Elim (Es 15,22-27) e con l’acqua scaturita  dalla roccia (Es 17); dal cielo giungono la manna e le quaglie (Es 16); gli Amaleciti vengono sconfitti (Es 17,8-16). Nella rilettura del salmista, la manna è un dono del Dio fedele a una “generazione ribelle e ostinata, generazione del cuore incostante e dallo spirito infedele a Dio” (Sal 77,8).

La manna è una sostanza naturale, ha l’asspetto di bianchi granelli dolci: si tratta della linfa che cade dalla scorza dei rami di una specie di tamerisco, bucati da certi insetti che di essa s inutrono. Il cibo del deserto “aveva il sapore di una focaccia con miele” (Es 16,31). La dolcezza di cui si tratta non è ‘culinaria’, ma teologica: nell’interpretazione del libro della Sapienza, “questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i figli; si adattava al gusto di chi ne mangiava, si trasformava in ciò che ognuno desiderava” (Sap 16,21).

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