XIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO . 9 agosto

a cura di don Giuseppe

Prima lettura. 1Re 19,4-8

Egli si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati e mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d'acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb.

Al tempo di Elia, era re in Israele Acab: il sovrano «fece ciò che è male agli occhi del Signore […] prese in moglie Gezabele figlia di Etbaàl» - cioè un sacerdote di Astarte - «e si mise a servire Baal e a prostrarsi davanti a lui» (1Re 16,30s.). A causa dell’idolatria che si era ormai diffusa nel popolo, Dio, per bocca di Elia, annuncia e manda tre anni di siccità. La pioggia può tornare solo dopo che Elia ha svergognato i profeti di Baal, mostrando che c’è veramente un solo Dio. Gezabele giura vendetta a Elia e lo minaccia di morte: «Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi» (1Re 19,3). Come Mosè, dopo l’ennesimo lamento del popolo, si sfoga con il Signore: «perché hai fatto del male al tuo servo? […] l’ho forse concepito io tutto questo popolo? […] E’ troppo pesante per me. Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto, fammi morire» (Nm 11,11s.14s.). Elia finisce il cibo e chiede di rimanere solo lontano anche dal suo ragazzo (1Re 19,3): non gli rimane altro che l’invocazione disperata della preghiera. Fugge nel deserto del sud per salvare la propria vita. Tuttavia, una volta giunto lì, paradossalmente prega chiedendo di morire: nel suo comportamento si può scorgere una particolare ambivalenza. L’intervento dell’angelo produce un rovesciamento della situazione: l’inviato di Dio non gli parla di fuga o di morte, ma di «alzarsi, mangiare, camminare» (vv. 5.7). Elia continuerà a fuggire (infatti Dio gli chiederà: «Che fai qui Elia?», tu dovresti trovarti in Israele!), ma la focaccia che riceve è «pane del cielo» (Sal 104,40); l’acqua richiama quella ricevuta in dono da Israele, appena uscito dall’Egitto (Es 15;17); i quaranta giorni e notti richiamano il tempo trascorso nel deserto prima del dono della terra promessa; il «monte di Dio, l’Oreb» (v.8) verso cui Elia si mette in cammino è il luogo delle teofanie sperimentate da Mosè (Es 3s.;33,18-34,8): ormai non si tratta di una fuga, ma di un esodo che condurrà all’incontro con Dio (1Re 19,9-18).

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