VI DOMENICA di PASQUA . 1 maggio

a cura di don Giuseppe

Prima lettura. Atti 15,1-2.22-29

In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati». Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».

 

La persecuzuone scatenatasi contro i discepoli dopo il martirio di Stefano provoca la loro dispersione fuori di Gerusalemme, eccezion fatta per gli apostoli. È una nuova seminagione della Parola  (Mc 4,3), mediante la quale si va attuando il programma tracciato da Gesù prima dell’ascensione, quando affermava che occorre rendergli testimonianza, oltre che a Gerusalemme, in Giudea e in Samaria e fino agli estremi confini della terra (At 1,8).

Il diacono Filippo si accinge a predicare il Vangelo ai Samaritani e li trova ben disposti, avidi di ascoltare le sue parole, entusiasti dei miracoli che accompagnano e confermano la predicazione. Essi dimostrano l’autenticità della loro adesione a respingere il fascino illusorio della magia (vv. 9-13). La fede diventa vita, e vita inondata da una “grande gioia”, dono dello Spirito: è òp Spirito che sospinge i discepoli, guida l’attività missionaria e fa crescere la Chiesa, non solo in estensione, ma anche in coesione e unità. Pur nella lontananza geografica, le varie comunità restano infatti saldamente radicate al fondamento degli apostoli (cfr. Ef 2,20), con unanime decisione inviano da Gerusalemme Pietro e Giovanni. Essi dunque scendono in Samaria, er trasmettere, mediante l’imposizione della manu, il dono dello Spirito del Risorto (Gv 20,22s.), compito proprio del ministero degli apostoli. In tal modo si stringe un vincolo di comunione che edifica la Chiesa nell’unità.

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