PENTECOSTE . domenica 15 maggio

a cura di don Giuseppe

Prima lettura. Atti 2,1-11

Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio».

 

Mentre il giorno di pentecoste si avvia al compimento – anche se l’evento narrato accade verso le nove del mattino, la festa era però cominciata alla sera precedente – si compie anche la promesa di Gesù (1,1-5), in un contesto che richiama le grandi teofanie dell’Antico Testamento e in particolare quella di Es 19, preludio al dono della Legge che il giudaismo celebrava appunto il giorno di pentecoste (vv. 1s.). Lo Spirito è presentato come in pienezza. Egli è compimento della promessa. Come vento gagliardo riempie tutta la casa e tutti i presenti; come fuoco teofanico assume l’aspetto di lingue di fuoco che si posano su ciascuno, comunicando il potere di una parola infuocata, in molteplici lingue (vv. 3s.).  L’evento avviene in un luogo delimitato (v. 1) e coinvolge un numero ristretto di persone, ma da questo momento, a partire da quelle persone, ha inizio un’opera evangelizzatrice dalle sconfinate dimensioni (“Ogni nazione che è sotto il cielo”: v. 5b). Il dono della parola, primo carisma suscitato dallo Spirito, è finalizzato alla lode del Padre e all’annunzio, perché tutti, per la testimonianza dei discepoli, possano aprirsi alla fede e rendere gloria a Dio (v.11b). Due caratteristiche contraddistinguono questa nuova capacità di comunicazione elargita dallo Spirito: in un primo luogo essa è comprensibile a ciascuno, realizzando l’unità linguistica distrutta da Babele (Gen 11,1-9); in secondo luogo sembra ricollegarsi alla parola estatica dei più antichi profeti (cfr. 1 Sam 10,5-7) e comunque è interpretata come profetica dallo stesso Pietro, quando spiega l’accaduto ai Giudei di ogni provenienza (vv. 17s.). Lo spirito irrompe e trasforma il cuore dei discepoli rendendoli capaci di intuire, seguire, testimoniare le vie di Dio per guidare tutte le genti alla piena comunione con lui, nell’unità della fede in Gesù Cristo, crocifisso e risorto (vv. 22s. e 38s.; Ef 4,13).

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