III DOMENICA di PASQUA . 10 aprile

a cura di don Giuseppe

Prima lettura. Atti 5,27-32.40-41

In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.

Uno scenario di luce e di tenebre accompagna fin dall’inizio il cammino della Chiesa: cresce presso il popolo il favore di cui gode la prima comunità cristiana (vv. 14 – 16), ma aumenta anche il livore delle autorità giudaiche, che arrivano persino alla persecuzione. Mentre si susseguono arresti, interogatori e minacce, risplende sempre di più l’opera dello Spirito Santo negli apostoli. Condotti per la seconda volta davanti al sinedrio, danno prova di libertà e di coraggio. Unico il criterio delle loro azioni: obedire a Dio, nulla anteporre a lui e alla sua testimonianza (cfr. vv. 28s.). questa assenza di paura rende ancora più incisiva ed efficace la loro confessione e la loro predicazione. Pietro si proclama ancora una volta il kērygma (vv. 30-39), e di nuovo attribuisce ai capi del popolo la responsabilità nella morte di Gesù (responsabilità che essi vorrebbero declinare: v. 28b). non si tratta però di una accusa sterile, quasi un rigettare su altri anche la propria colpa. Infatti la parte fondamentale del suo discorso è da cercare nell’affermazione che spiega la finalità dell’agire di Dio: “Per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati”. Altre colte Pietro ha accusato l’uditorio della crocifissione di Cristo, ma sempre il testo sacro annota che, pentendosi e accogliendo le sue parole, “molti credettero”. Quando il cuore è trafitto dal pentimento (2,37) il dono di Dio diventa sovrabbondante. Solo quando la Parola è ostinatamente rifiutata il cuore si indurisce fino alla violenza (5,33.40). è compito degli apostoli continuare nella predicazione pur in mezzo alle persecuzioni, fortificati dallo Spirito, il quale li conferma (v. 32) e li colma di gioia (v. 41). Fin d’ora essi vivono la beatitudine proclamata dal Signore Gesù e trovano la loro ricompensa nell’amore al suo nome (Mt 5,10-12).

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