1989: è già storia...

a cura di don Giuseppe

Così si intitolava lo speciale di una rivista nell’ultimo numero di quell’anno. Per chi l’ha vissuto, sembra ieri eppure sono passati già trent’anni.

Fu davvero un anno “storico”: le proteste studentesche di piazza Tienanmen in Cina… la caduta - uno dopo l’altro - dei regimi del cosiddetto “blocco sovietico”: Polonia, Ungheria, Repubbliche Baltiche, Bulgaria, Germania dell’Est, Cecoslovacchia, Unione Sovietica, Romania… e ancora il Sudafrica con i primi passi per l’abolizione dell’apartheid…

Su tutto un simbolo: il Muro di Berlino che cadeva. Era il 9 novembre e quel giovedì sera non c’era film o programma televisivo che poteva competere con il susseguirsi di edizioni straordinarie dei telegiornali che davano conto delle notizie che arrivavano, prima frammentarie poi sempre più solide, da Berlino e quelle immagini che emozionano ancora oggi: il Muro che cadeva sotto le picconate di uomini e donne di ogni età e ceto sociale, una marea di gente, gioiosa fino alle lacrime, che passava i posti di blocco fino a quel momento inavvicinabili e invalicabili.

Oggi i pezzi del Muro di Berlino, rimasti in piedi a memoria di quegli anni, sono ricoperti dai murales degli artisti di strada che con la loro creatività hanno dato espressione a quel mondo di sentimenti, aspirazioni, stati d’animo, desideri che un muro suscita nelle persone che, con esso, hanno a che fare.

Qualcuno profetizzò che la salita al soglio pontificio nel 1978 di Karol Wojtyla sarebbe stato l’inizio della fine della cortina di ferro. Certamente il papa polacco giocò un ruolo importante fin dall’inizio del suo pontificato ma ricordiamoci anche delle migliaia e migliaia di anonime persone che - dentro e fuori i paesi del blocco sovietico - non rinunciarono mai al sogno della libertà e dell’uguaglianza. Davvero, quella sera e nei mesi successivi, la fine delle ingiustizie umane sembrava a portata di mano, sembrava solo una questione di tempo!

Poi ci furono gli anni ‘90 con le Guerre di Yugoslavia e del Golfo senza dimenticare i terribili conflitti etnici in Ruanda, Burundi, Cecenia…

Ormai alle porte del Terzo Millennio, tutto, però, sembrò finalmente placarsi. La Chiesa cattolica si stava preparando al Grande Giubileo del Duemila conclusosi con la storica lettera di Giovanni Paolo II nel quale invitava i cristiani a prendere il largo, ad essere “larghi” di cuore, di fede, di generosità.

L’Anno Santo era concluso da otto mesi e l’illusione di aver raggiunto una certa pace andò in frantumi con l’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001 e si cominciò a pensare a nuovi muri, ritenuti indispensabili per garantire sicurezza e libertà.

Così, se dopo trent’anni ci domandiamo che cosa rimane di quei fatti, del dolore e del sacrificio di tante persone, non possiamo nascondere un certo disagio. Non è scomparsa, infatti, la “filosofia (o ideologia?) del muro” perché quel muro e tutti i muri non sono solo una costruzione in cemento e filo spinato: sono il sistema con cui si esprime e si concretizza un’idea chiara - ma dalle dubbie fondamenta - di libertà, di giustizia, di dignità umana.

I muri cominciamo a costruirli dentro l’anima delle persone quando non ci abita un senso di fiducia nell’uomo di oggi perché ci fa paura la diversità: da quella del pensiero dell’altro che ci vive accanto fino a quella molto più complessa dell’incontro fra i popoli, le razze, le religioni che incontriamo sul nostro cammino. Un muro divide e nascondeNon elimina e non risolve.

Nel nostro “DNA spirituale” il buon Dio ha messo anche la buona e sana propensione all’incontro! Se in questa occasione vogliamo fare una preghiera, sia un’invocazione allo Spirito che ci renda coraggiosi nell’affrontare la vita, forti della fiducia nell’uomo perché è nato dal cuore amante di Dio e in Dio non c’è errore o ombra!

L’augurio e l’auspicio è che la memoria di questi fatti sia tramandata con cura da genitori, insegnanti, educatori e persone di buona volontà con il preciso intento di instillare e ricordare ai nostri fratellini e sorelline più giovani che nulla può colmare il cuore come l’amore: da quello intimo e prezioso tra due persone a quello eroico e gratuito di chi sa di non poter vivere felice senza fare qualcosa per la felicità dell’altro.

don Giuseppe

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