DOMENICA XXX "PER ANNUM" . 23 ottobre

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. Siracide 35,15-17.20-22

Il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone. Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi. La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

L’Autore del brano sapienziale – risalente al II secolo a.C. – propone un insegnamento che riguarda insieme Dio e l’orante. Il Signore è presentato come giudice sommamente giusto che non fa parzialità nei confronti di alcuno e si china benevolo verso chi è povero, come attesta ripetutamente l’Antico Testamento nelle cosiddette leggi umanitarie. Dio stesso è vindice dell’orfano e della vedova (Es 22,21s.). Egli afferma anche, per bocca del profeta Isaia, che si china su chi teme il suo nome e si affida a lui in umiltà: “Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello ai miei piedi. Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi teme la mia parola” (Is 66,1.2b).

Se Dio si piega verso chi è umile, la Scrittura mostra che la preghiera del povero sale fino a lui. E così in questo movimento di reciproca ricerca fra Dio e l’uomo ci sembra di scorgere – fra cielo e terra – la croce su cui Gesù, il vero umile e piccolo, si innalza – preghiera perfetta – verso il volto del Padre che attende di usare misericordia.

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