DOMENICA XXIV "PER ANNUM" . 11 settembre

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. Esodo 32,7-11.13s.

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: "Va’, scendi, perché il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicata! Si son fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele; colui che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto". Il Signore disse inoltre a Mosè: "Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione". Il Signore disse inoltre a Mosè: "Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione". Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: "Perché, Signore, divamperà la tua ira contro il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d’Egitto con grande forza e con mano potente?  Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre". Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: "Perché, Signore, divamperà la tua ira contro il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre". Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo.

 

Il brano dell’Esodo, a una prima occhiata, sembra voglia descriverci la collera di Dio contro Israele dopo che questi aveva violato le leggi dell’alleanza con l’adorazione del vitello d’oro: “Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira accenda contro di loro e li distrugga” (Es 32,9s.). Sembra che Mosè sia riuscito a far cambiare il pare a Dio. Ma in realtà, letto più in profondità, non è così. Mosè è sulla cima del monte solo davanti a Dio. È rimasto fedele all’alleanza di Dio con il suo popolo. Mosè sente tutta la sua fiducia ed amore a Dio, ma sente anche tutto il suo legame con il popolo d’Israele. Non accetta che Dio lo voglia eleggere a cambio della distruzione d’Israele. Prende allora le mosse da quest’ira di Dio, di per sé ampiamente giustificata a causa del peccato del suo popolo, per fare appello all’intenzione più profonda e più divina di Dio, alla sua fedeltà ai padri e perciò anche al popolo. Mosè si richiama alla fedeltà di Dio, alla sua promessa di amore. Dio e l’uomo sono di fronte. Mai Dio si è mostrato così condiscendente all’uomo. Mosè riesce a far emergere quanto c’è di più divino in Dio. Il cuore di Dio che non cessa di battere d’amore anche di fronte alla miseria del suo popolo. Infatti ha ragione san Paolo: “Se noi siamo infedeli, Dio rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso” (2Tm 2,13).

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