DOMENICA XXIII "PER ANNUM" . 4 settembre

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. SAPIENZA 9,13-18

Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri. A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi può rintracciare le cose del cielo? Chi ha conosciuto il tuo pensiero, se tu non gli hai concesso la sapienza e non gli hai inviato il tuo santo spirito dall'alto? Così furono raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono ammaestrati in ciò che ti è gradito; essi furono salvati per mezzo della sapienza».

 

L’insegnamento ultimo del libro della Sapienza è appunto la preghiera. Come la sapienza ha assistito Dio fin dal mattino della creazione, così assiste anche l’uomo perché continui a “governare il mondo con santità e giustizia” (9,3). La vita dell’uomo è essenzialmente un rapporto limpido e trasparente con la Sapienza per attingere da essa la luce in modo da poter governare il mondo. In questo senso la vita dell’uomo non può essere nient’altro che preghiera. La vita dell’uomo è vista dal libro sacro come un meraviglioso rapporto con la Sapienza e questo rapporto è preghiera: “Dammi la sapienza” (9,4). Ma è un rapporto misterioso che si fonda sull’esperienza della propria fragilità e del proprio peccato e che perciò è vissuto solo nell’accoglienza di un amore e di una luce irresistibili e rispettose della nostra umanità. Nessuna perfezione, per quanto ricca, può essere sufficiente all’opera per cui Dio chiama l’uomo: “Privo della tua sapienza, sarebbe stimato un nulla” (9,6). Solo il dono della Sapienza ci fa contemplare lo splendore della creazione. Stupenda la ricchezza di questa preghiera che ci incanta per l’ampiezza e lo splendore in cui si riflettono le promesse di Dio e le speranze dell’uomo. Essa si apre con una invocazione accorata a Dio: “O Dio dei padri e Signore di misericordia” (9,1). È un’invocazione personale a Dio che è stato sempre presente e che è tuttora il Dio di tutto un popolo verso il quale ha stretto l’alleanza.  È un appello a quell’amore e a quella bontà che Dio ha sempre avuto verso tutto il popolo di Israele. Essa mostra che il fondamento della preghiera è l’esperienza ardente della misericordia di Dio. Per certo l’uomo si sente debole ed è fragile per compiere i piani di Dio (vv. 13-19). Come può conoscere e realizzare il desiderio di Dio? “Chi ha conosciuto il tuo pensiero?” (v. 18), dice il libro della Sapienza. Ma l’uomo sa pure che Dio lo assisterà anche questa volta con la sua grazie. L’uomo sa che Dio lo ha sempre illuminato e guidato con la sua Sapienza. Sa che “i suoi padri furono salvati per mezzo della Sapienza” (v. 18). Dio ci può assistere anche oggi. Per questo chiediamo continuamente a Dio il dono della divina sapienza: “Mandala dai cieli santi” (9,10). Sappiamo che questa preghiera è efficace. La risposta di Dio è sicura: è la discesa del Verbo nel seno di Maria santissima. La Sapienza si è incarnata nella persona di Gesù. Ha preso un volto umano. È entrata nella nostra storia, insegnandoci a rinunciare a tutto per arrivare alla piena disponibilità a Dio. Gesù è la Sapienza, dolce e luminosa, che ci è donata dall’alto. Il suo vangelo ci mostra l’immensa vanità dell’universo e allo stesso tempo l’inaccessibile trascendenza dell’unica Realtà che conta, Dio.

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