DOMENICA XXI "PER ANNUM" . 21 agosto 2016

a cura di don Giuseppe

PRIMA LETTURA. Isaia 66,18-21

Così dice il Signore: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore».

 

L’ultimo capitolo del libro di Isaia appartiene a un’unità letteraria che ha caratteristiche tutte proprie. Una di queste è la grande apertura universalistica che caratterizza il progetto di Dio nei confronti dell’umanità. Di progetto, infatti, qui si tratta e lo stanno a dimostrare tutti i verbi al futuro che sono presenti n questa pagina profetica: “Io verrò… io porrò un segno…io manderò…”.

L’Autore di questa parte del libro profetico si pone quindi a servizio non solo di una storia della salvezza che appartiene al passato, ma proprio a patire da essa, egli affonda il suo sguardo in un futuro che appartiene solo a Dio e che tuttavia fa già irruzione nel presente. È questo l’atteggiamento da veri credenti che siamo chiamati ad assumere quando leggiamo e meditiamo le profezie del primo Testamento. In termini più moderni si direbbe che con questa profezia il Signore vuole aprire la nostra mente alle dimensioni della convivenza interetnica, interculturale e interreligiosa che oggi ci interpella tutti come autentica sfida. Ma quello che preme sottolineare, considerando il problema con gli occhi della fede, è che tale situazione non è assolutamente nuova e non deve essere considerata come un inedito nella storia dell’umanità. Al contrario, essa corrisponde esattamente al progetto di Dio creatore e liberatore che vuole fare di tutti i popoli un solo popolo, di tutti gli uomini una sola famiglia, di tutti i gruppi una sola comunità. Ciò sarà possibile solo se tutti riconosceranno che il Signore è l’unico Dio, che a lui risale ogni iniziativa di salvezza, che solo lui può condurre a buon fine i progetti umani facendoli convergere verso un’unica meta.

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