DOMENICA X "PER ANNUM" . 5 giugno

a cura di don Giuseppe

Prima lettura. 1Re 17,17-24

In quei giorni, il figlio della padrona di casa, [la vedova di Sarepta di Sidòne,] si ammalò. La sua malattia si aggravò tanto che egli cessò di respirare. Allora lei disse a Elìa: «Che cosa c’è fra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia colpa e per far morire mio figlio?». Elia le disse: «Dammi tuo figlio». Glielo prese dal seno, lo portò nella stanza superiore, dove abitava, e lo stese sul letto. Quindi invocò il Signore: «Signore, mio Dio, vuoi fare del male anche a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio?». Si distese tre volte sul bambino e invocò il Signore: «Signore, mio Dio, la vita di questo bambino torni nel suo corpo». Il Signore ascoltò la voce di Elìa; la vita del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere. Elìa prese il bambino, lo portò giù nella casa dalla stanza superiore e lo consegnò alla madre. Elìa disse: «Guarda! Tuo figlio vive». La donna disse a Elìa: «Ora so veramente che tu sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità».

 

La pericope che narra la rianimazione del figlio della vedova di Zarepta è parte del “Ciclo di Elia” (1Re 17 – 2Re 2), un insieme di capitoli poco unitario ma che ha l’intento di narrare la vita del profeta attraverso una serie di racconti, alcuni dei quali miracolosi. Il contesto storico nel quale si inserisce anche il nostro brano testimonia la forte polemica che la fede yahwista – e in modo speciale la teologia deuteronimista – devono intrattenere contro i culti naturalistici e partciolarmente baalitici che tentavano ancora gli israeliti.

Elia è l’uomo di Dio che testimonia con la propria vita il giudizio di YHWH. Per questo motivo la vedova, alla quale è appena morto il figlio, reagisce con aggressività (“Che c’è tra me e te, o uomo di Dio?”: v. 18) alla presenza del profeta: questi le ‘rinnova il ricordo’ del suo peccato. Il profeta, infatti, come uomo di Dio, rende attuale la presenza di Dio che rivela l’iniquità e fa prendere coscienza delle colpe commesse. Inoltre il rimprovero che la vedova muove ad Elia di averle fatto morire il figlio, rivela quel ‘princio della retribuzione’ molto radicato nella mentalità israelita, secondo il quale non c’è peccato che non si accompagnato da un castigo. A tale principio si opporranno in modo deciso Geremia ed Ezechiele (cfr Ez 14,12; 18; Gr 31,29s.: “In quei giorni non si dirà più: i padri han mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati. Ma ognuno morirà per la propria iniquità”).

Il miracolo della rianimazione compiuta da Elia con un’azione simbolica quasi magica e con la parola sarà il segno per la vedova della veracità della parola e dell’azione profetica di Elia, oltrechè la dimostrazione che il Dio della vita è YHWH e non Baal, il Dio vero è YHWH e non Baal. Il brano termina non a caso con una confessione di fede della vedova: “Ora veramente so che tu sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità” (v. 24). Nel discorso della sinagoga (Lc 4,17-27), Gesù parlerà della vedova di Zarepta come esemplare nell’accoglienza della grazia offerta.

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